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Materiali

Riciclo / Produzione in crescita ma fatturato in calo

I dati del report Assorimap sulle imprese del riciclo meccanico delle materie plastiche

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La produzione di polimeri riciclati è in crescita – con un totale di 883.000 tonnellate nel 2024, che segna un +3,2% rispetto al 2023 – ma il settore del riciclo meccanico delle plastiche italiano risente di un calo di fatturato (-0,8%, 690 milioni di euro) con prezzi delle materie prime seconde ai minimi dal 2020. I dati sono contenuti nel Report Assorimap (Associazione nazionale riciclatori e rigeneratori di materie plastiche, aderente a Confimi Industria), presentato alla Fiera Green Plast, realizzato da Plastic Consult, che analizza trend, criticità e opportunità di un comparto chiave per la transizione ecologica.

Buona la performance del pet riciclato, che supera le 230.000 tonnellate (+17,2% sul 2023), trainato dalle norme Ue sul bottle to bottle, ma in controtendenza rispetto ad altri polimeri che rilevano un calo, penalizzati dal crollo dei prezzi di vendita e dalla concorrenza di quelli vergini.
Guardando ai vari settori di utilizzo – spiega Paolo Arcelli, direttore di Plastic Consult – gli imballaggi, sia rigidi sia flessibili, trainano la domanda. L’edilizia resiste nonostante le difficoltà sul mercato interno. Sul fronte opposto, casalinghi e garden, agricoltura e applicazioni di nicchia, registrano cali significativi”.

Il comparto è composto da 350 imprese attive - inclusi raccoglitori e selezionatori di rifiuti e scarti industriali - oltre 240 i produttori di materie prime seconde, 86 gli impianti specializzati in plastica post-consumo. La Lombardia guida la classifica (37% degli impianti), il Sud (23%) segue la tendenza dei consumi del Paese.

Una filiera, quella italiana, piuttosto fragile: “Da anni sopravvive – sottolinea Walter Regis, presidente di Assorimap – ma tra il 2024 e il 2025 sono arrivate le prime chiusure: due aziende”. Il problema è rappresentato soprattutto dai costi di energia elettrica e feedstock sempre più cari, ma anche dalle importazioni low cost dall’Asia e dal Nordafrica, che hanno invaso il mercato. “È urgente – evidenzia Regis –* intervenire con strumenti concreti. Chiediamo un sistema europeo di certificazione, codici doganali specifici per distinguere riciclato e vergine, e soprattutto il riconoscimento economico del valore ambientale del riciclo, attraverso meccanismi simili all'Emission Trading*”.

Gli studi confermano il potenziale delle imprese: ogni tonnellata di plastica riciclata evita tra 1,1 e 3,6 tonnellate di CO₂ rispetto a incenerimento, discarica o produzione di vergine. Su scala nazionale, questo si tradurrebbe in 7,2 milioni di tonnellate di CO₂ risparmiate annualmente, pari all'intero obiettivo del PNIEC per la gestione rifiuti al 2040. “Il riciclo delle plastiche è un settore già pronto per contribuire a decarbonizzazione e obiettivi climatici. Ma senza un quadro normativo che ne riconosca il valore ambientale, rischiamo di sprecare questa opportunità per economia e ambiente”, conclude Regis.