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Accessibile / La semplicità d’uso? Un impegno etico

L’aver dotato migliaia di confezioni di tappi, erogatori e sistemi easy open non basta: nuove difficoltà ci opprimono e vanno superate

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Fondazione Carta Etica del Packaging Anna Paola Cavanna

‘Ogni consumatore ha diritto di poter avvicinare, comprendere e usare un prodotto, in modo semplice e intuitivo’: È questo il senso del Valore n. 4 della Carta Etica del Packaging, il documento programmatico alla base delle attività dell’omonima Fondazione che, sotto la guida di Anna Paola Cavanna, da maggio dello scorso anno sta mettendo a punto strumenti di condivisione, informativi e di confronto fra operatori per fare del packaging una risorsa, e non un ostacolo, nel viaggio verso la sostenibilità ambientale e sociale che coinvolge imprese e cittadini-consumatori.

“Sono scomparse le scatolette metalliche dure da aprire, le linguette che ci rimanevano in mano, le buste che si laceravano e non si potevano richiudere – sottolinea la presidente Anna Paola Cavanna – L’apriscatole è sparito dal cassetto di tutte le cucine. Così, oggi diamo per scontate le vaschette pelabili, gli easy open, le confezioni richiudibili! Ma se ieri l’industria del packaging aveva l’interesse a sviluppare l’accessibilità per motivi di marketing, oggi ne ha anche il dovere, soprattutto per una questione di sostenibilità.”

L’aumento della popolazione anziana, la riduzione numerica dei componenti i nuclei famigliari, la disabilità sempre più al centro di ogni progetto, la diffusione di un singolo prodotto in contesti culturali e geografici differenti sono i quattro fattori che rimettono al centro l’usabilità così come fece negli anni ’70 e ’80 il marketing.

“Il design for all è una caratteristica che piace a tutti, non solo alle categorie più fragili; tutti gli studi in questo campo lo dimostrano – precisa la Presidente – Compito della Fondazione Carta Etica del Packaging è rimettere questo valore al centro di ogni progetto e far sì che, oltre a migliorare la fruizione manuale, si migliori anche quella che gli esperti chiamano ‘ la semantica’: quante volte ci si imbatte in forme, linguaggi grafici, inviti alla presa o all’apertura che creano incomprensioni? Quante volte i consumatori sono costretti a leggere o a chiedere per capire di che materiale è fatto? Perché si obbliga spesso a cercare le informazioni prioritarie, a interpretare, a decodificare? È questo il packaging del terzo millennio?”

L’immediatezza è un prerequisito per un oggetto di servizio, il packaging, con cui si entra in contatto 30-40 volte al giorno: una sorta di dovere morale. “Forse pensiamo che la semplicità sia un costo non sempre sostenibile – sottolinea Anna Paola Cavanna – Ma la storia del packaging dimostra il contrario: ogni innovazione, ogni miglioramento è stato acquisito e riconosciuto come valore economico da ogni consumatore, che non sarebbe disposto a tornare indietro.”