Plastic Free è un endiadi generica priva di definizioni ufficiali creata come slogan da movimenti ambientalisti pseudoscientifici nati per nascondere attività profit dirette o indirette. Tali attività vengono generate attraverso la comunicazione e condivisione (con linguaggi fortemente emozionali) di verità scientifiche parziali o falsità atte ad ottenere attenzione, a generare convinzioni errate o incomplete, a devolvere denaro per progetti che non hanno basi scientifiche, a volte in violazione di carattere civile e penale delle leggi nazionali e internazionali.
Plastic Free equivale ad un sillogismo le cui premesse sono parzialmente vere: "la plastica abbandonata nell'ambiente è un problema perché non si degrada e danneggia gli ecosistemi, quindi la soluzione è eliminare la plastica dai prodotti e i prodotti in plastica"
E' sufficiente sostituire il termine plastica con un altro per iniziare a comprendere i limiti del sillogismo: "poiché gli antibiotici rilasciati nelle acque di scarico delle attività umane non si degradano e danneggiano gli ecosistemi, la soluzione è eliminare gli antibiotici".
Analoghe sostituzioni possono essere fatte con qualsiasi prodotto e si noterà il limite dell'affermazione ed i relativi danni ambientali o etici: coltello, vino, pistola, acqua, inchiostro, pneumatico, elettricità, grassi, zuccheri, ecc.
Nella produzione, vendita e promozione del packaging e del relativo prodotto, associare l'espressione 'plastic free' alla proposizione di vendita risulta fuorviante e molto raramente dimostrabile; anche manufatti privi di elementi polimerici sono in realtà resi disponibili grazie a prodotti polimerici: per esempio, è sufficiente aver ricorso ad un sottile strato di film polimerico per rendere impermeabile o stampabile un substrato per dichiarare il falso.
Prossimamente, quando nel giro di 2-3 anni nei Paesi UE entrerà in vigore la direttiva Green Claims, l'espressione Plastic Free potrebbe diventare suscettibile di denuncia alla AGCM in quanto è convenzionalmente riconosciuta la percezione di valore ambientale dell'endiadi e quindi bisognerà dimostrare che il prodotto e i processi correlati siano totalmente privi di ricorso a qualsiasi prodotto riconducibile alla grande famiglia dei materiali plastici, sia termoplastici sia termoindurenti e dimostrare che questi materiali creino un danno ambientale a prescindere dal comportamento umano.
Il meccanismo sotteso a numerosi movimenti ambientalisti nazionali, ma anche internazionali, è il seguente (citazione dal report di Michael Connolly, Dr. Ronan Connolly, Dr. Willie Soon, Dr. Patrick Moore and Dr. Imelda Connolly, December 2018):
*1. Inventare un problema ambientale che sembri in qualche modo plausibile. Fornire prove aneddotiche o pseudo-scientifiche senza nessun contraddittorio a sostegno delle proprie affermazioni, con immagini emotivamente potenti, terrorizzanti e devastanti o catastrofiche.
2. Inventare una soluzione semplice per il problema che suoni in qualche modo plausibile ed emotivamente attraente, ma che è fisicamente e soprattutto industrialmente improbabile che venga mai implementata.
3. Scegliere un nemico e incolparlo di ostacolare l'attuazione della soluzione implicando, anche se necessario, chiunque non sia d'accordo con voi.
4. Liquidare qualsiasi soluzione alternativa al problema come completamente inadeguata.
In ognuna di queste quattro fasi, i responsabili fanno una campagna di sensibilizzazione sugli sforzi che presumibilmente stanno compiendo per combattere il problema.
Esistono movimenti, gruppi d'azione, progetti specifici all'interno di associazioni che promulgano lo slogan Plastic Free. La rivista COM.PACK, ad agosto 2015, propose una mezza giornata di raccolta di residui plastici spiaggiati presso il parco naturale Monte San Bartolo a Fiorenzuola di Focara (PS), pubblicando poi un articolo dedicato al problema per sollecitare soluzioni presso le imprese ittiche di crostacei al largo della costa. In 8 anni, l'unico intervento è stato quello demagogico di incolpare le reti in polipropilene, utilissime ed efficienti nelle pratiche di allevamento, e non le imprese ittiche.